Book Log #3/2020

91TE4f2wfnLRaven Leilani, Luster (Farrar, Straus and Giroux) — la giovanissima Raven Leilami (classe 1990) è una pittrice che ha saputo scrivere forse il primo libro sulla generazione Z, o centennial. Luster, di prossima pubblicazione per Farrar, Krauss and Giroux, è un buildungsroiman la cui protagonista è una ventitreenne rimasa più o meno orfana di una famiglia disfunzionale, che diventa suo malgrado parte di un’altra famiglia disfunzionale, composta da due X gen. Inizia diventando amante di Eric, un archivista digitale quarantenne in crisi di mezza età, per scoprire che Eric e la mogiie Rebecca hanno un matrimonio aperto e libero, oltre che una figlia adottiva afroamericana di dodici anni. Quelle di Edie, Eric, Rebecca e Akila sono quattro diverse solitudini, quattro diverse ricerche di identità: da una parte la ricerca di un’identità perduta di Eric e Rebecca, dall’altra quella di un’identità difficile e in divenire di Edie e di Akila, da una parte una generazione bianca, anglosassone e protestante, vecchia di due generazioni che cerca di riadattarsi a un mondo a loro alieno, dall’altra due ragazze ai lati estremi dei Centennial, afro-americane, prive di una loro precisa identità familiare e sociale, che cercano di costruire la propria identità in un mondo plasmato dalle generazioni precedenti. Curioso che una late-millennial abbia voluto creare un’impalcatura priva di millennial, in cui sono messe a confronto le due generazioni confinanti con la sua. 

coverJenny Offill, Weather (Knopf; Tempo variabile trad. it. Gioia Guerzoni, NN Editore) — Una bibliotecaria si trova, suo malgrado, a dover rispondere a delle mail indirizzata a un podcast i un’amica, “Cascasse il mondo,” il cui argomento è il probabile catastrofico generato dai cambiamenti climatici. Lizzie rappresenta in questo modo la risposta del senso comune, inesperto e spaesato, a dei problemi reali che si fanno sempre più concreti e vertiginosi. Jenny Offill ha scritto un romanzo dell’antropocene senza cadere nella solita trappola del catastrofismo da intrattenimento: è molto abile a costruire attorno al lettore un mondo attuale eppure insolito, reale eppur rarefatto, metaforico eppur tangibile, un mondo che anche se a volte può non sembrare, è la quotidianità nella quale viviamo, in bilico tra vecchie certezze e nuove precarietà (climatiche, energetiche, politiche, economiche). Sfiora argomenti transumanisti e survivalisti che purtroppo restano solo brevi citazioni in un testo denso e forse troppo formale e poetico, anche se d’altra parte quel testo rende bene la sostanza di transumassimo e survivalismo come sono di fatto recepiti dalla maggioranza della popolazione: echi distanti e confusi di un intellettualismo per molti troppo complesso da gestire. Alla fine resta quello che l’autrice voleva dare — un’atmosfera, un senso di catastrofe imminente, di bisogno di creare una comunità capace di affrontare un futuro incerto — ma forse è tutto un po’ troppo frammentario e rarefatto perché abbia una vera incisività. 

41Nl5kMqv1LTeddy Wayne, Apartment (Bloomsbury) — Una satira del mondo dei corsi di scrittura creativa immersa nel cuore degli anni ’90, specificatamente nell’autunno/inverno tra 1996 e 1997, alla Columbia, ossia uno dei programmi MFA più importanti e efficaci nei college statunitensi. Inevitabile un accenno, nel cuore del libro, al caso letterario di metà anni ’90, ossia Infinte Jest, e a tutti quegli scrittori in qualche modo usciti da programmi di scrittura creativa (si citano, oltre a Wallace, Rick Moody, Michael Chabon, Jeffrey Eugenides).  Sullo sfondo c’è anche un raffronto tra due culture, quella del New England dell’io narrante, e quello del Midwest di Billie Campbell, suo deuteragonista, ma anche quello tra una visione del mondo vitalista, rurale, vicina e anticipatrice di certe inflessioni sovraniste odierne, e un radical chic-ismo blando e latente, tra chi ha un’ambizione narcisistica non sorretta da un talento spendibile, e chi invece quel talento vuole usarlo solo per restare ai margini, al sicuro di un posto da professore di scrittura creativa per altri aspiranti professori di scrittura creativa, conscio del fatto che “le cose che fanno salivare un’aula di un corso di scrittura creativa, in genere viene accolto dal pubblico con cortese indifferenza.” Teddy Wayne è molto bravo a parlare (anche) dell’epoca Trump senza parlarne mai direttamente, ma mostrando come la dicotomia Mean Street vs. Wall Street in parte fosse già presente nella sua forma embrionale fin dagli anni ’90. 

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